II "piede diabetico" e le sue complicanze costituiscono un problema di rilevante interesse per il medico pratico, che solo conoscendone a fondo la patogenesi potrà essere in condizione di impostarne correttamente la prevenzione e la terapia.
Il piede diabetico, che rappresenta per le sue complicanze, ulcera-infezione-gangrena, una fonte di lunghe ospedalizzazioni, gravi mutila-zioni e compromissione della possibilità di vita di relazione, nasce dal concorso di fattori pato-genetici molteplici correlati alla vasculopatia aterosclerotica, alla microangiopatia, alla neuropatia e alla infezione (Figura 1).
Sembra quindi opportuno prospettare un approccio diagnostico e terapeutico che permetta di individuare e correggere ciascun fattore per la quota che gli compete, facendo confluire nella strategia terapeutica tutte le competenze specia-listiche necessarie.
Il processo, aterosclerotico nei diabetici si distingue per la maggior frequenza, precocità e rapidità di evoluzione e per il caratteristico interessamento delle arterie di medio e piccolo calibro sotto il ginocchio, in particolare tibiali e poplitee, con occlusioni plurisegmentarie e alterazioni diffuse della parete vasale.
Anche arterie di calibro inferiore a 115 fi, arte-riole e venule possono essere sede di alterazioni ostruttive con l'insorgenza di piccole aree di gangrena localizzata del diametro di 0.5-1 cm, in
presenza di polsi normali alla pedidia e tibiale posteriore.
La molteplicità delle lesioni, l'interessamento di vasi più piccoli, la scarsa efficienza del circolo collaterale spiegano la maggiore gravita della vasculopatia e la peggiore prognosi della chi-rurgia vascolare.
La presenza di una vasculopatia è sospettata clinicamente e confermata da indagini strumentali. Nella Tabella 1 sono riportati i più comuni sintomi e segni.
IJultrasonografia Doppler è il metodo attualmente più usato per valutare il flusso attraverso i vasi arteriosi periferici. Il regime presso-rio vigente nelle arterie dell'arto inferiore a diversi livelli è espresso dall'indice pressorio (IP) (rapporto tra valore tensivo sul vaso esaminato e valore tensivo brachiale, normalmente superiore a 1 se determinato alla caviglia per la tibiale posteriore).
Una vasculopatia ostruttiva sintomatica si associa di solito a IP inferiore a 0.6; peraltro un IP normale non esclude l'esistenza di un impegno delle piccole arterie: questo può essere messo in evidenza determinando con metodo ultra-sonografico o pletismografico la pressione digitale e il suo rapporto con la pressione alla caviglia (2). La presenza di IP normali b elevati può inoltre essere correlata alla rigidità della parete arteriosa interessata da estese calcificazioni (3); ovviamente la normalità dell'IP non implica in tal caso una migliore prognosi.
In questi pazienti l'esame radiografico degli arti inferiori in proiezione laterale mostra spesso diffuse calcificazioni a "binario" corrispondenti alla sclerosi di Mònckeberg. Questa diffusa calcificazione della tunica media,che può essere osservata anche nell'età avanzata e nell'insufficienza renale cronica, è particolarmente frequente nel diabetico e sembra associarsi in particolare alla neuropatia (4), cui potrebbero imputarsi alterazioni strutturali della muscolatura liscia conseguenti alla denervazione.
L'arteriografia infine permette di valutare le condizioni della parte vasale, l'esatta localizzazione dell'ostruzione, lo stato delle collaterali in vista di una indicazione chirurgica alla rivasco-larizzazione.
Nella sua forma più comune la neuropatia interessa l'innervazione somatica ed autonomica del piede in modo bilaterale e simmetrico. La compromissione sensitiva è la più frequente e si manifesta (Tabella 2) con parestesie (formicolii, intorpidimento e bruciore) e più raramente iperestesie (fino all'intolleranza di coperte o indumenti) oppure dolore sordo o crampiforme o urente o lancinante che peggiora di notte e si attenua camminando (a differenza del dolore della vasculopatia). Obiettivamente si riscontra riduzione o perdita della sensibilità tattile, termica, dolorifica e vibratoria e dei riflessi achilleo e rotuleo (5).
L'impegno autonomico si traduce soprattutto nella compromissione delle fibre simpatiche che innervano le ghiandole sudoripare e nella conseguente secchezza della pelle, causa questa di fissurazioni e infezioni. Il difetto può essere messo in evidenza con vari artifici (prova dell'amido, resistenza galvanica della cute), ma può essere comunque sospettato in presenza di una marcata neuropatia somatica o di interessamento autonomico di altri distretti.
Il piede di questi pazienti,anche in presenza di alterazioni ischemiche, è spesso caldo per vasodilatazione cutanea per effetto di una vera auto-simpaticectomia. Peraltro la persistenza dei riflessi locali di adattamento alla temperatura ambiente può talvolta portare a vasocostrizione persistente in risposta al freddo fino alla comparsa di piccole necrosi ischemiche (6, 7).
Recenti studi in diabetici neuropatici esenti da ischemia hanno evidenziato alterazioni flus-simetriche a livello degli arti inferiori. In particolare è stata osservata una perdita dell'onda re-trogada di riflusso diastolico: si ha cioè un flusso continuo anterogrado con aumento della velocità. In più l'osservazione di valori elevati di pO2 nel sangue venoso delle estremità ha fatto ipotizzare l'apertura di anastomosi arteroveno-se. Queste alterazioni potrebbero contribuire alla patogenesi delle alterazioni trofiche cutanee e forse di quelle a carico dell'osso (8, 9, 10).
La ridotta sensibilità dolorifica e termica è causa frequente di ulcere. Ripetuti, non avvertiti traumi meccanici da scarpe inadatte, da materiale accidentalmente capitato nelle scarpe, da piccola chirurgia "da stanza da bagno", o scottature da borse d'acqua calda o stufe, provocano vescicole, bolle, escoriazioni e poi l'ulcera. La perdita della sensibilità propriocettiva e/o l'atrofia dei muscoli intrinseci del piede possono condurre ad atteggiamenti anormali (dita ad artiglio per dorsiflessione a livello dell'articolazione metatarso-falangea e flessione a livello delle giunture interfalangee; alluce valgo; piede ta-lovalgo). Le alterazioni della configurazione del piede e della andatura creano nuovi punti di pressione con formazione di callosità che possono a loro volta diventare sede di ulcere.
L'ulcera neuropatica è circolare, si infetta facilmente, è indolore, plantare o localizzata su punti sottoposti a pressione o frizione in un piede con ridotta sensibilità e assenza dei riflessi achillei, spesso con polsi arteriosi periferici tuttora presenti.
La compromissione della sensibilità dolorifica e propriocettiva fa sì che ossa e articolazioni del piede, sottoposte ai ripetuti microtraumi della deambulazione e del movimento, per la perdita della capacità di modificare la distribuzione dei carichi e l'appoggio del piede, vadano incontro ad alterazioni progressive di diversa entità che vanno dalla osteoporosi alla artropa-tia di Charcot.
Radiologicamente si possono distinguere quadri diversi (11, 12) a volte associati. L'osteoporo-si diffusa, clinicamente silente, può causare fratture patologiche. Vi può essere anche neoformazione di osso a livello dell'inserzione di legamenti o dei corpi metatarsali, probabilmente come conseguenza di fratture spontanee. L'o-steolisi è localizzata più spesso nella parte distale delle ossa metatarsali ed in quella prossimale delle falangi. La perdita di osso comincia di solito a livello delle metafisi, si estende all'epifisi risparmiando la diafisi così che il corpo dell'osso metatarsale assume una forma a matita ("pencilling") con le estremità appuntite; vi può essere frammentazione dell'osso e disarticolazione, le estremità delle falangi possono essere riassorbite.
L'osteoartropatia di Charcot, forma poco frequente che compare di solito dopo i 40 anni, comporta una estesa distruzione di osso talvolta bilaterale, con frammentazione e dispersione dei frammenti nelle parti molli, degenerazione e fibrosi della cartilagine articolare fino all'obliterazione della superficie articolare, infiltrazione ed edema di capsula e legamenti, neoformazione di osso e calcificazioni periarticolari. Clinica-mente l'esordio è caratterizzato da un rigonfiamento o deformazione del piede che spesso passa del tutto inosservato per la mancanza di dolore e di impedimento alla deambulazione (Figura 2). Successivamente si possono osservare profusioni ossee con deformità più o meno evidenti (appiattimento dell'arco longitudinale con accorciamento e slargamento, piede equino, convessità plantare con anomalie dell'andatura, pianta a dondolo). Si creano così sporgenze ossee cui seguono callosità e ulcerazioni. Nella Tabella 3 sono evidenziate le differenze tra le tre
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sedi di artropatia (13). L'evoluzione della o. di Charcot è lentamente progressiva. A volte la distruzione ossea è tale da far porre il sospetto di una neoplasia, però l'assenza di dolore, d'interessamento dell'osso ai due capi articolari e l'assenza di demineralizzazione per la mancata immobilizzazione dell'arto, spesso consentono di escludere l'ipotesi.
Nei diabetici si osserva un'aumentata suscettibilità alle infezioni imputabile a cause diverse: in particolare la funzione dei linfociti T e dei polimorfonucleati è compromessa dallo squilibrio metabolico, mentre altri fattori come l'ispessimento della parete dei capillari possono compromettere la migrazione leucocitaria e la risposta flogistica in generale.
La cute dei piedi, in particolare negli spazi interdigitali, è ricca di flora microbica mista (dermatofiti, stafilococco aureo, candida, pseu-domonas, enterobatteri ecc.) il cui sviluppo è favorito dalla macerazione prodotta dal sudore, dall'uso di calzature, dalla bassa produzione di sebo che normalmente, per la ricchezza in acidi grassi, ha una azione batteriostatica. Questi microrganismi ospiti abituali della cute, possono causare pericolose infezioni (infezioni opportu-nistiche o condizionate) quando vi siano lesioni di continuo della pelle che nel diabetico, per effetto della neuropatia, sono allo stesso tempo più frequenti e meno facilmente percepite Anche le frequenti micosi interdigitali da dermatofiti determinano fissurazione ed erosione della cute aprendo la strada a germi piogeni. Infezioni delle unghie e dei tessuti periun-gueali possono estendersi e contaminare eventuali ulcere.
Ciò che' condiziona pesantemente l'evoluzione di un'ulcera infetta verso la gangrena è il deficit vascolare (Figura 3). La risposta infiammatoria dei tessuti all'infezione aumenta il fabbisogno di ossigeno proprio mentre l'apporto ematico, già compromesso dalla vasculopatia, viene ulteriormente ridotto dall'edema tissutale e dalla liberazione di sostanze tossiche (endotos-sine batteriche e fungine, enzimi lisosomiali derivanti dalla distruzione tissutale) che attivano i meccanismi della trombogenesi intravasale accentuando l'ischemia. Si giunge quindi alla gangrena in modo precipitoso, qualora non si intervenga tempestivamente con il débridement chirurgico ed il trattamento antibiotico. Nei diabetici sono inoltre frequenti le infezioni da germi anaerobi (clostridi, streptococchi anaerobi, bacteroides ecc), sia per la ridotta perfusione e la relativa anossia tissutale, che per l'anaerobiosi prodotta in zone già infette dal consumo di ossigeno da parte di stafilococchi e streptococchi. Alcuni di questi microrganismi producono gas determinando ulteriore tensione tessutale e compressione vascolare. La formazione di gas è riconoscibile per la crepitazione dell'area infetta e confermata radiologicamente dalla presenza di gas sottocutaneo. La presenza di organismi gas producenti, data la frequenza con cui danno luogo a forme settiche generalizzate di notevole gravita, accentua l'urgenza e impone trattamenti più radicali.
Le ulcere croniche trascurate aprono la via alla invasione batterica lungo le fasce muscolari fino al periostio dando origine alla osteomielite. La sintomatologia non è particolarmente ricca: vi può essere dolore, tumefazione, eritema, aumento della VES e febbre. La diagnosi è basata sull'associazione di alterazioni ossee radiologicamente evidenti con lesioni di continuo dei tessuti soprastanti. Il fatto di poter giungere con una sonda attraverso la lesione cutanea a tastare l'osso sottostante indica, anche in assenza di alterazioni radiologiche, l'esistenza di un'osteomielite, mentre una distruzione ossea radiologicamente evidente con cute soprastante integra, depone per una osteopatia semplice.
Nel trattamento del piede diabetico gli aspetti preventivi hanno un ruolo determinante (16, 17). Essi si articolano nelle seguenti misure;
a. Stretto controllo glicemico per influire per
quanto possibile sulla suscettibilità alle infe
zioni, sulla evoluzione della neuropatia, della
microangiopatia, della macroangiopatia e sugli
aspetti emoreologici connessi al controllo me
tabolico.
b. Correzione di eventuali dislipidemie.
e. Attenta educazione del paziente e dei familiari al frequente controllo e alle misure igieniche illustrate nella Tabella 5. Esame periodico dei piedi da parte del medico e attento trattamento di callosità, unghie incarnite o protuberanze ossee. Accurata terapia delle frequenti onicomico-si con applicazione locale di antimicotici e nei casi resistenti o in cui la micosi si estende al di là dell'unghia, con griseofulvina per via generale. d. Misure ortopediche volte a correggere gli eventuali sovraccarichi, i vizi di posizione e le deformità conseguenti alla osteopatia.