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A ROMA ANTICA FUNZIONAVA ANCHE IL SISTEMA SANITARIO

Per arginare una terribile epidemia scoppiata nel 293 a. C. i romani affidarono la loro incolumità ad Asclepio. E così nacque l'isola Tiberina, la malattia sparì e videro la luce le cliniche private

Stavo poco bene, ma mi venne a visitare Simmaco, famoso medico, accompagnato da una corte di allievi. In cento mi hanno visitato toccandomi con le mani gelate: ora sono veramente ammalato." (Marziale, Epigrammi).
Questo divertente tratteggio della Roma imperiale denota una certa inclinazione alla critica verso alcuni medici di allora, accusati di essere arrampicatori sociali privi di esperienza che causavano solo sofferenze. In realtà, si deve riconoscere che il sistema sanitario di Roma era piuttosto efficiente e che l'innata attitudine romana per l'organizzazione incentivò la nascita di primitive "istituzioni ospedaliere". Inizialmente, erano ricoveri per schiavi e per ammalati poveri, poiché i ricchi e i patrizi potevano permettersi di essere curati nelle loro abitazioni, usufruendo delle cure di illustri medici greci, a quei tempi ritenuti più abili e più preparati. Infatti, già dal II secolo a.C., comparirono a Roma i primi medici di origine greca, i quali potevano vantarsi di far uso di importanti trattati, come il Corpus Hippocraticum del IV secolo a.C. attribuito ad Ippocrate e ai suoi seguaci, ma anche di avere la consapevolezza della Medicina come una disciplina scientifica sulla quale dover applicare metodi sistematici e razionali. Roma inizia così ad importare la medicina di origine greca e un'affascinante leggenda ne narra gli inizi. Nel 293 a.C. scoppiò a Roma una terribile epidemia ed i pontefici incapaci di trovare il rimedio, decisero di ricorrere ai Libri Sibillini, raccolta degli oracoli della Sibilla Cumana. Ne risultò che per salvare lo Stato bisognava introdurre il culto di Asclepio, dio della medicina, figlio di Apollo e venerato a Epitauro in Grecia. II Senato mandò una legazione per comprare una statua del dio ma mentre i romani ammiravano il frontone del tempio greco dedicato alla divinità, ne uscì un grosso serpente che si rifugiò sulla Trireme con la quale erano arrivati. Giunti al Tevere il serpente lasciò la nave e scomparve su un'isoletta del fiume, l'isola Tiberina. Certi della trasformazione del dio in animale, i romani gli dedicarono sull'isola un tempio. Da quel giorno l'epidemia cessò. Storicamente venne comunque scelta lì la sede del culto poiché era vicina alla città ma contemporaneamente separata, perfetta per raccogliere malati e, in qualche modo, tener lontane le epidemie.
L'edificio sacro diventò un vero e proprio ospedale; nel principio solo per schiavi e poveri , ma poi, col tempo, per romani di ogni ceto sociale. Successivamente, questi tipi di edifici chiamati valetudinaria sorsero in varie zone di Roma e furono create anche cliniche a pagamento.
Nei templi romani Esculapio (chiamato così a Roma) era raffigurato giovane e imberbe, ma poi venne rappresentato come un uomo nel pieno vigore fisico, con una folta barba ed un espressione di mitezza. Lo si può ammirare in una scultura del II secolo d.C. della Collezione Boncompagni Ludovisi al Museo Nazionale Romano - Palazzo AItemps, copia romana di un originale greco di età ellenistica. II dio della medicina si presenta vestito con un mantello drappeggiato che lascia scoperto il busto e ricade dalla spalla sinistra sul petto. Tiene un rotolo nella mano sinistra mentre la mano destra si appoggia a un bastone sul quale si attorciglia un serpente, detto caduceo, emblema da sempre dell'arte medica. Esso è tra i simboli più antichi della storia dell'umanità, rappresentato anche da due serpenti intrecciati che simboleggiavano le correnti vitali che scorrono nel corpo umano. Indica il potere di colui che è in grado di portare armonia in un organismo malato e, in senso cosmico, la dominazione del caos. Secondo altre interpretazioni, gli infermi per guarire devono lasciare l'antica pelle come fanno i serpenti ad ogni muta, per rinnovarsi in un corpo nuovo.

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