L’iperplasia prostatica benigna è un processo ormono-dipendente, inizia a 30-35 anni per proseguire in modo variabile fino a 70 anni. In questo processo ormono-dipendente il primo imputato è il testosterone prodotto per il 90% nei testicoli o, meglio il suo matabolita, il deidrotestosterone (DHT). Mediante tutta una serie di interazioni molecolari esso esercita un’influenza sulle cellule prostatiche. L’azione androgenica del deidrotestosterone dipende dal suo legame con il suo recettore per gli androgeni ad alta affinità che sono presenti nel nucleo della cellula e la sua affinità è di cinque volte superiore a quella del testosterone. Il deidrotestosterone è il principale metabolica del testosterone sia nella prostata che nella pelle, è convertito a deidrotestosterone dalle 5-alfa redattasi. Di questi enzimi ci sono due isoforme, il tipo 1 e il tipo2.
Se esaminiamo la storia naturale dell’iperplasia prostatica benigna rispetto al volume prostatico, si vede come andando avanti negli anni il volume aumenta, però il tasso di accrescimento è direttamente proporzionale al volume di base della prostata. Più il volume di base della prostata è grosso, più aumenterà negli anni. I sintomi fastidiosi sono i LUTS che, in base alla progressione della malattia, possono interferire con il ritmo sonno/veglia dei pazienti e anche con le attività quotidiane e quindi pregiudicare la loro qualità di vita. Questi sintomi peggiorano con l’età: un uomo di 60 anni ha il 23% di possibilità di fare una ritenzione urinaria acuta, se vive altri 20 anni sale al 29%. Si nota anche che tra i 70 e i 79 anni un buon 46% presenta sintomi che misurati con gli scores dell’AUA (American Urological Association) sono maggiori di 7 e quindi di una certa importanza. La diminuzione del picco di volume minzionale e della variazione della velocità di picco va ad avere un decremento che prosegue con gli anni. I fattori principali per l’iperplasia prostatica benigna sono: un aumento del PSA, un aumento del volume prostatico e l’età, i sintomi secondari da considerare sono: la dimensione del flusso e l’aumento dei sintomi dei LUTS.
L’ipertrofia benigna ed il carcinoma della prostata si manifestano spesso con sintomi sovrapponibili e talvolta sfumati; perciò ogni paziente “prostatico” deve essere sempre valutato tenendo ben presenti entrambe queste patologie.
Dal punto di vista clinico la sintomatologia dell’ipertrofia prostatica viene suddivisa in tre stadi.
In una prima fase compaiono segni di tipo irritativi:
-aumentata frequenza diurna e notturna.
-minzione imperiosa.
-disuria.
Il secondo stadio, detto della ritenzione incompleta è caratterizzato dall’ostacolo alla evacuazione totale dell’urina.
I sintomi predominanti sono:
-ritardo o l’incapacità ad iniziare la minzione con necessità della contrazione dei muscoli addominali;
-diminuzione del calibro e la forza del getto urinario, con sgocciolamento perdurante alla fine dell’atto;
-minzione in due tempi con sensazione di svuotamento incompleto della vescica.
Il terzo stadio è caratterizzato da:
Distensione vescicole con ritenzione cronica di urina;
Minzione per rigurgito, spesso complicata da infezione urinaria recidivante,Ematuria e nei casi avanzati da ureteroidronefrosi bilaterale e conseguente insufficienza renale.
Tuttavia esistono dei fattori da non sottovalutare, che possono interferire sul quadro sintomatologico:
-Problemi psicologici;
-Stress;
-Regolarità dell’alvo;
-Fattori endocrini;
L’incidenza di ritenzione o di trattamento chirurgico cresce partendo dai valori basali e si ha un aumento progressivo con dei valori prostatico basali più alti e livelli sierici maggiori. Per età si vede come i valori di ritenzione urinaria acuta correlano molto bene con l’età e aumentano andando avanti con gli anni.I LUTS sono i primi segni sui quali si possa impostare una qualsiasi decisione o scelta di trattamento, vale a dire che i sintomi che riferisce il paziente non più giovane siano da imputare a veri e propri LUTS o ad altre cause. Una buona anamnesi, un esame obiettivo, un esame digito-rettale e un eventuale esame delle urine possono aiutare.
L’esame digito-rettale rappresenta ancora una manovra poco usata, in quanto non praticata routinariamente per svariati motivi, quali.
1.Scarsa od insufficiente manualità;
2.Vergogna od imbarazzo da parte del paziente;
3. Paura di errori di valutazione.
Dopo aver elencato i sintomi, si dovrebbe essere in grado di disegnare un profilo per i nostri pazienti ed in base a numerose evidenze cliniche il rischio di ritenzione o di intervento chirurgico crescono con l’aumentare del volume prostatico, quindi quando è maggiore di 30-40ml, il PSA superiore a 4 (tra 1,4 e 4 la zona della normalità) e l’età sicuramente superiore ai 50 anni, lo possiamo considerare quasi un cut off.
La determinazione del PSA nell’IPB del paziente con malattia in progressione, costituisce un valido
Fattore predittivo dell’evoluzione della malattia ed è quindi marcatore di rischio di futuro ingrossamento della ghiandola prostatica con potenziale ritenzione acuta; purtroppo genera spesso all’inizio confusione nel Mg, in quanto il Ca prostatico è una delle potenziali cause di LUTS, simili all’IPB.
L’analisi dell’urine, deve essere presa in considerazione specie nei soggetti che presentano sintomi “irritativi” per escludere altre diagnosi a carico della prostata e della vescica.
Quindi la determinazione del PSA totale può essere considerata un valido fattore nell’ipertrofia prostatica del paziente, predittivo dell’evoluzione della malattia , quindi un marcatore di rischio del futuro ingrossamento della ghiandola prostatica con un potenziale evento di ritenzione acuta,quello a cui dobbiamo fare molta attenzione. Siccome la ritenzione urinaria acuta è considerata da molti pazienti il sintomo più grave dell’iperplasia prostatica benigna, vediamo che a sei mesi dalle dimissioni i punteggi relativi alla qualità della vita correlati allo stato di salute rimangono più bassi rispetto a quelli associati a coliche renali o a turbe erettive. Il paziente si preoccupa, di un effetto negativo sulla qualità di vita, forse più per la ritenzione urinaria acuta che per un intervento di chirurgia per questo tipo di patologia.
Altri strumenti validi per stabilire la progressione della malattia ed il profilo di rischio dei soggetti con IPB, sono i questionari, che a fronte di poche e semplici domande, riescono a dare un punteggio oggettivo ai sintomi, parametri utili per la risposta ad un eventuale trattamento della patologia. Esempio ne è il AUA Symptom Index e il International Prostate Symptom Score, il primo in sette domande, il secondo in otto domande. Le sette domande riguardano la funzione menzionale più una domada sulla qualità per inquadrare meglio l’impatto della sintomatologia sulla qualità della vita.Solo pochi minuti per avere un punteggio (score), che ci permette di avere un sospetto diagnostico iniziale.
PUNTEGGIO (IPSS)
0-7 paziente paucisintomatico
8-19 sintomatologia moderata
20-35 sintomatologia intensa.
In conclusione l’IPB è una malattia estremamente frequente nell’uomo che supera i cinquant’anni ed ha un grande impatto sulla qualità della vita. Numerosi studi hanno dimostrato la natura cronica e progressiva della malattia quindi l’età, il volume prostatico e il valore del PSA sono i principali fattori di rischio riconosciuti di progressione clinica dell’ipertrofia prostatica benigna. Questi fattori di rischio sono alla base del tipo di gestione terapeutica nel singolo paziente.
Ovviamente esistono diverse terapie efficaci e la tendenza attuale è quella di usare trattamenti meno invasivi rispetto a quelli chirurgici.