Il concetto di probiotico (“Pro bios”, a favore della vita), nasceva ai primi del 900 con E. Metchnikoff che nel suo libro scriveva: “Poiché la fermentazione lattica è così utile nell’arrestare i fenomeni putrefattivi in generale, perché non utilizzarla allo stesso scopo nel tubo digerente?”. Da allora questo concetto si è evoluto e chiarito: nel 1989 Fuller ha ridefinito i probiotici come “supplementi alimentari costituiti da microrganismi vivi che agiscono favorevolmente sull’ospite migliorando il suo equilibrio microbico intestinale”.
I microrganismi riconosciuti come probiotici per l’uomo appartengono per lo più ai generi Lactobacillus e Bifidobacterium.
Tali microrganismi per essere definiti probiotici, devono rispondere ad alcuni requisiti fondamentali.
- essere preferibilmente di provenienza intestinale umana;
- resistere ai succhi gastrici ed ai sali biliari;
- aderire alle cellule epiteliali intestinali e colonizzare l’intestino umano, costituendovi una massa batterica benefica;
- essere corredati di una cospicua documentazione scientifica relativa alla sicurezza d’impiego in campo alimentare e clinico.
Le azioni benefiche di questi microrganismi sull’ospite possono variare tra specie e specie e persino tra ceppi appartenenti alla stessa specie.
Per quanto concerne l’intestino determinano:
- effetto barriera nei confronti di altri microrganismi;
- azione filtrante verso metabolici tossici;
- regolazione dell’ecosistema biologico intestinale.
In generale, i meccanismi attraverso cui i probiotici esercitano le funzioni che riguardano il benessere dell’apparato gastrointestinale sono:
1. Antagonismo Diretto:
- produzione di batteriocine, sostanze ad attività antibiotica verso alcuni ceppi di batteri gram-positivi e gram-negativi.
2. Competizione per i Nutrienti
- sottrazione di nutrienti ai batteri patogeni.
3. Competizioni per i Recettori Cellulari
- capacità di aderire alle cellule mucose intestinali, sottraendo “spazio” ai batteri patogeni
(Lattobacilli in particolare).
4. Stimolazione Dell’Immunità
- capacità di attivare una risposta immunitaria aspecifica, aumentando l’attività macrofagica e
la produzione di g-IFN, di IgGA e di peptici a basso PM, capaci di interferire nelle risposta
immunitaria.
Altre azioni esercitate dai probiotici riguardano:
-la riduzione della colesterolemia;
-il potenziamento del sistema immunitario dell’ospite;
-l’attività anticancerogena (ad opera di specifici ceppi di batteri lattici;
-l’azione nutrizionale, in particolare l’azione proteolitica con la liberazione di biopeptidi.
LO YOGURT: UN ALIMENTO FUNZIONALE - PROBIOTICO
Il significato del termine probiotico coinvolge anche lo yogurt, non come apportatore di batteri lattici probiotici bensì come alimento, che con la fermentazione lattica si arricchisce di sostanze (metabolici), non presenti nel latte, in grado di esercitare nell’uomo un benefico effetto probiotico, ovvero un effetto positivo sulla salute. Con il termine yogurt, si intende il prodotto ottenuto per coagulazione acida del latte, conseguente al processo di fermentazione dovuto ai due microrganismi specifici in associazione simbiotica: “Lactobacillus delbrueckìì subsp. Bulgaricus e Streptococcus themophilus”.
Lo sviluppo dei due ceppi in associazione dà luogo ad una serie di trasformazioni biochimiche a carico di componenti del latte quali lattosio, proteine, acidi organici, aminoacidi, che conducono a:
Produzione di:
- acido L(+) e D(-) lattico
- aldeide acetica
- polisaccaridi
- acido formico
- anidride carbonica
- acido folico
- acido idrossimetilglutarico
- acido benzoico
- batteriocine
Liberazione di:
- peptici
- galattosio
- aminoacidi
- peptici bioattivi
- B-galattosidasi
Riduzione di
- acido orotico
Le caratteristiche funzionali-probiotiche sono correlabili soprattutto alla produzione/ liberazione di acido idrossimetilglutarico (effetto ipocolesterolemico), B-galattosidasi (digeribilità del lattosio), peptici bioattivi (azione antììpertensiva), polisaccaridi (possibile prevenzione della formazioni di neoplasie del colon).
Effetto ipocolesterolemico
Il colesterolo è un componente importante delle membrane cellulari e delle lipoproteine del plasma. Un livello elevato di colesterolo del plasma viene associato all’aumento dei rischi di malattie coronariche.
Diversi ricercatori hanno dimostrato che il consumo di latte fermentato, a differenza del consumo di latte non fermentato, determina una diminuizione significativa del tenore di colesterolo dell’organismo. Durante la produzione di yogurt, infatti diminuisce il contenuto in acido orotico e rimane inalterato quello di acido urico (costituenti del latte, implicati entrambi nel processo di sintesi del colesterolo); inoltre si forma l’acido 3-idrossi-3metilglutarico, molecola in grado di limitare l’attività enzimatica per la biosintesi del colesterolo. L’azione combinata dei tre composti potrebbe spiegare l’effetto ipocolesterolemico dello yogurt.
Digeribilità del lattosio
Un’alta percentuale della popolazione adulta presenta un’insufficiente capacità di digestione del lattosio e non può utilizzare il latte come alimento.
Nello yogurt la quantità di lattosio rimane pressoché inalterata rispetto a quella del latte di partenza, in quanto le quantità di lattosio idrolizzato e metabolizzato durante la fermentazione lattica, vengono compensate dalla concentrazione tecnologica. Ciononostante lo yogurt viene regolarmente digerito anche dalle persone intolleranti al lattosio.
Questo è dovuto all’azione dei batteri lattici dello yogurt che producono B-galattosidasi, l’enzima specifico dell’idrolisi del lattosio in glucosio e galattosio.
La B-galattosidasi, indicata anche come lattasi, è contenuta all’interno della cellula batterica dei batteri lattici che fungono da contenitore protettivo sino al momento della loro lisi: tale lisi in parte avviene nello yogurt durante la fermentazione e principalmente nell’intestino umano, per azione dei sali biliari. Qui agisce come enzima extracellulare sul lattosio presente.
Lo yogurt alla fine della fermentazione si caratterizza per la presenza di circa un miliardo di cellule di batteri lattici per grammo di prodotto che da questo punto di vista costituiscono altrettanti piccoli depositi dell’enzima lattasi sufficienti per garantire un’azione funzionale-probiotica relativa alla digestione del lattosio e quindi del latte.
Azione antììpertensiva
I biopeptidi sono frammenti proteici che derivano dalle proteine del latte e possiedono azione antipertensiva, immunostimolante, antitrombotica, antimicrobica, oppioide, e minerale trasportatrice. Nei prodotti fermentati vengono liberati dall’attività proteolitica dei microrganismi. La liberazione di questi “frammenti proteici attivi” avviene inoltre nel tubo digerente per l’azione degli enzimi digestivi, e nell’intestino, ad opera dei microrganismi in grado di colonizzarlo. E’ stato dimostrato che lo sviluppo nel latte, ad esempio, del ceppo SS1 di Lactobacillus delbrueckìì subsp. Bulgaricus determina la liberazione di cinque peptici con attività ipotensiva riconosciuta. Da un punto di vista strutturale sono frazioni della B-caseina, dalla quale vengono liberati per l’intervento di poteasi, e presentano deverse sequenze aminoacidiche.
Questi peptici inibitori dell’ACE, ovvero attivi verso l’Angiotensin-I Convertine Enzyme, sono noti anche come B- caseochinine ad effetto ipotensivo.
Prevenzione di formazioni di neoplasie del colon
Molti studi attribuiscono ai polisaccaridi prodotti dai batteri lattici un effetto preventivo nella formazione di neoplasie a livello del colon.
Quando nella produzione dello yogurt si impiegano ceppi che gli conferiscono un aspetto “filante”, lo stesso si può arricchire di 200-300 mg di polisaccaridi per chilogrammo. Un’indagine epidemiologica attribuisce la bassa percentuale di forme tumorali del colon, riscontrata negli abitanti che vivono in Kupio (Finlandia), all’elevato consumo di latte fermentato filante, ricco di polisaccaridi.
GLI EFFETTI BENEFICI
DEI MICRORGANISMI PROBIOTICI
SULLA MICROFLORA INTESTINALE
Durante la vita media di una persona,60 tonnellate di cibo attraversano il tubo digerente interferendo con le circa 500 differenti specie batteriche che si trovano al suo interno, in stretta connessione con la mucosa. La composizione della microflora intestinale dipende dalla natura dei residui alimentari che attraversano l’intestino e la proliferazione dei microrganismi partecipanti alla formazione dell’ecosistema.
Molte osservazioni mettono in evidenza che le modificazioni della microflora intestinale sono da attribuire alle abitudini alimentari piuttosto che alle differenze etniche, ambientali e climatiche. Nella pratica clinica è abbastanza comune il riscontro di una condizione detta dismicrobismo intestinale. Tale condizione esprime l’alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema intestinale con conseguente sovracrescita di specie batteriche residenti che, senza una correzione dell’alterazione sopraggiunta, possono divenire dannose. Nel colon è presente la maggiore quantità di microrganismi saprofiti con circa 50 diversi generi di batteri.
La mucosa intestinale costituisce una barriera nei confronti degli antigeni che sopraggiungono per via enterale. In essa ha sede il MALT (Mucosa Associated Lymphoid Tissue: tessuto linfoide associato alla mucosa), un elemento importante della capacità immunologica totale dell’ospite, che agendo in sinergia anche con meccanismi di difesa non immunologici, organizza una vera e propria barriera di difesa immunitaria che determina l’esclusione di antigeni estranei.
Se le difese della mucosa non sono sufficienti, i batteri patogeni o i loro prodotti possono aderire alle cellule della mucosa stessa e dare origine a processi infiammatori. Una validissima difesa è costituita dalla flora batterica intestinale, un’importante componente non immunologica della barriera intestinale di difesa per l’adesione dei batteri patogeni alle mucose.
Quando tale flora è alterata da agenti chimici, antigeni e stress dietetici, stress nervosi ed emotivi ecc, possono comparire disordini o malattie intestinali, quale risultato della sopraccitata adesione.
La terapia probiotica si basa sul concetto di una microflora sana in grado di formare una barriera non immunologica nell’intestino che contribuisca alla normalizzazione della aumentata permeabilità intestinale ed al bilanciamento della microflora intestinale. L’applicazione terapeutica dei probiotici nel trattamento delle condizioni cliniche associate a deficit della funzione di barriera intestinale può essere considerata non specifica e specifica. E’ stato dimostrato che i probiotici sono in grado di stimolare la resistenza non specifica dell’ospite nei confronti dei microbi patogeni e di contribuire alla loro eliminazione, incrementando le risposte immunologiche e promovendo di conseguenza i meccanismi di difesa intestinali. L’impiego specifico dei probiotici comprende la modulazione della risposta immunitaria dell’ospite nei confronti di antigeni potenzialmente dannosi. Da un punto di vista del meccanismo, studi recenti, hanno documentato l’attività antagonista dei lattobacilli verso gli enteropatogeni come risultato di una competizione per i siti di adesione alle cellule epiteliali dell’ospite. Sulla base di queste ipotesi che il supernatante delle colture causi una notevole riduzione della adesione dei patogeni alle cellule epiteliali infette suggerisce che: a) i Lactobacilli sono in grado di spostare i patogeni già attaccati alle cellule epiteliali; b) il supernatante delle colture di lattobacilli contiene composti antimicrobici in grado di inibire i batteri patogeni. Per lungo tempo si è ritenuto che i lattobacilli fossero in grado di controllare la microflora intestinale non indigena principalmente mediante i loro metaboliti primari (acidi organici). Negli anni più recenti si sono identificate altre molecole: batteriocine e metabolici secondari a basso peso molecolare, attivi contro un ampio spettro di Gram- e Gram+.
L’interesse per l’utilizzo dei probiotici nelle malattie infiammatorie intestinali deriva dall’osservazione che topi geneticamente deficienti nel gene per IL-10 hanno livelli minori di specie di Lattobacilli ed un aumento dei batteri adesi alla mucosa del colon. La normalizzazione dei livelli di Lattobacilli riduce i batteri adesi alla mucosa, prevenendo in tal modo la colite.
Un altro dato interessante è quello relativo alla diminuita capacità protettiva verso la microflora endogena del muco intestinale di pazienti affetti da IBD rispetto ai controlli normali: in particolare nelle biopsie dei pazienti i batteri erano localizzati nello strato di muco, ma non aderivano alle cellule e non erano presenti nella lamina propria; non vi era correlazione fra numero di batteri ed il grado di infiammazione. Queste osservazioni richiamano l’attenzione sul possibile ruolo di antigeni batterici nella genesi dell’infiammazione e nella possibilità di prevenirla con la somministrazione dei probiotici in grado di aderire alle cellule mucose. Inoltre, nei pazienti con IBD le sedi anatomiche a più alta concentrazione batterica (ileo distale e colon) sono anche quelle più frequentemente interessate dall’infiammazione. Fortunatamente il nostro bagaglio di conoscenze e di possibilità di studio sia in vitro che in vivo ci ha dato la possibilità di definire con esattezza i ceppi mediante PCR “di chi” stiamo parlando e di accertarne la presenza e la vitalità nei materiali organici. Siamo in grado di definire quindi la effettiva attività immunostimolante di un ceppo e di caratterizzarne le possibili proprietà antimicrobiche e metaboliche.
Occorre, proseguire il lavoro di ricerca per definire con sempre maggiore chiarezza i meccanismi d’azione dei probiotici: l’arricchimanto comunque di alimenti come yogurt, latte e formaggi con probiotici, ha fornito all’alimentazione umana un importante contributo in difesa della salute e del benessere.