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LA CRIOTERAPIA

Due metodiche permettono di eliminare una vena incontinente. La scleroterapia altera l'endotelio e determina una reazione sclerosante che finisce per ostruire la vena; il procedimento interessaanche i rami afferenti, diminuendo il rischio di recidive. La chirurgia estirpa le vene sofferenti ma non i rami. Una metodica nuova, la crioterapia, rappresenta la risultante dei due sistemi precedenti, con i loro rispettivi vantaggi ma anche, talvolta, i loro inconvenienti.

LA TECNICA DELLA CRIOTERAPIA: II primo tempo, chirurgico
Esso consiste nel praticare la legatura della crosse e delle sue collaterali. Ovviamente deve essere eseguita asetticamente, in ambiente operatorio.
Il secondo tempo, crioterapico (fig. 7)
Si introduce in vena la criosonda. La parte distale non è isolata e può essere raffreddata con azoto liquido iniettato in circuito chiuso. Quando il catetere si trova in situ, si procede a raffreddarlo aprendo una valvola. Quindi si ritrae progressivamente il catetere, "bruciando" a poco a poco il vaso.
La lesione ottenuta, "criolesione", a differenza della sclerosi è limitata al campo di applicazione del freddo: i rami rimangono in posizione ma, a differenza della scleroterapia, questa tecnica permette di distruggere tutte le tuniche della parete venosa.

LE INDICAZIONI:La crosse della safena Innanzitutto, le piccole vene "safenodipendenti" possono trarre vantaggio da questa terapia poiché il loro trattamento dipende, prima di qualsiasi sclerosi, da un intervento preliminare sulla safena. Per quanto riguarda la crosse, non sempre è facile palparla e procedere alla sclerosi può essere pericoloso per il paziente. La crossectomia seguita da crioterapia associata alla scleroterapia del pacchetto invisibile, daranno, in questi casi, i migliori risultati (probabilmente vi è pure una indicazione favorevole per la chiusura mediante clip). In questo caso, si eseguono preventivamente due esami: • un Doppler delle safene, con paziente in piedi: se vi sono reflussi lunghi e importanti, sembra preferibile lo stripping classico;
• una ecografia delle crosse della safena da trattare: se essa presenta un diametro medio superiore a 8 mm è più ragionevole affidarsi alla chirurgia classica. Infatti, il criocatetere misura 3 mm di diametro e sarebbe illusorio trattare vene di calibro troppo elevato.
L'obesità
Gli obesi presentano un abbondante tessuto adiposo che maschera le varici: operarli risulta difficile e spesso inutile, mentre la scleroterapia è impossibile.
I soggetti anziani o debilitati
Spesso questi soggetti soffrono di ulcere varicose.

L'astensionismo terapeutico non è più sostenibile. Vasti studi clinici dimostrano che, anche nell'anziano, la regolazione dell'assetto lipidico modifica favorevolmente il decorso della cardiopatia ischemica. Da quando sono stati identificati i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, un enorme numero di studi e di programmi di prevenzione è stato predisposto al fine di ridurre l'incidenza di una patologia che, nel mondo occidentale, è al primo posto tra le cause di morte. In effetti oggi cominciamo a cogliere i successi di questa vasta campagna che, mobilizzando studiosi di diversi settori, è riuscita a porre un freno all'aumento, che sembrava inarrestabile, della mortalità per vasculopatie e, in alcuni Paesi come gli Stati Uniti, ad

me Unità Coronariche erano precluse a pazienti sopra i 65-7O anni (salvo le solite eccezioni che in genere non dipendevano da motivazioni mediche) e che gli interventi di cardiochirurgia venivano eseguiti nella quasi totalità su persone sotto i 6O anni.
Forse un notevole contributo al cambiamento di mentalità lo diede la diffusione degli impianti di pace-maker artificiale, che dimostrano che l'intervento poteva prolungare la vita anche di parecchi anni a soggetti in età già molto avanzata.
Oggi la situazione si sta modificando a favore del soggetto anziano: le Divisioni di Geriatria con una propria Unità Coronarica e Laboratorio di Emodinamica non sono più una rarità, così come non lo è. Azioni che dovrebbero portare a un atteggiamento diverso, anche da parte del medico pratico, nei confronti del problema. Da un pioniere della cardiochirurgia, il prof. De Bakey, provengono alcune interessanti osservazioni. Innanzi tutto la casistica d'interventi di by-pass aortocoronarico del grande cardiochirurgo comprende ormai parecchi pazienti di età avanzata, tra cui uno addirittura operato a 87 anni che è in buona salute a 9 anni dall'intervento. Il controllo del profilo lipidi-co di questi pazienti ha mostrato un aumento significativo del cole-sterolo e una diminuzione altrettanto significativa delle HDL rispetto ai coetanei non coronaropatici, esattamente come avviene nei soggetti più giovani. invertire la tendenza, con un calo di mortalità e di morbilità. Tuttavia un'attenzione relativamente scarsa è stata finora rivolta al problema della prevenzione e del trattamento della cardiopatia ischemica del soggetto anziano, forse per una sorta di fatalismo in base al quale l'anziano è considerato preda di fenomeni ateroscle-rotici non più modificabili. Si diceva, e in un certo senso è vero, che per quanto riguarda l'aterosclerosi la prevenzione deve iniziare a ven-t'anni, senza peraltro aver mai ve-rificato se un'opera di prevenzione intrapresa in settantanni potesse dare o no dei risultati. Anche a livello terapeutico, all'anziano per molto tempo è stato risparmiato qual-siasi tipo di intervento "aggressivo": ricordiamo ad esempio che le priun intervento di sostituzione aortica in un ottantenne. Tuttavia molto resta ancora da fare, considerando che la mortalità per cardiovasculopatie nei pazienti oltre i 75 anni è quattro volte superiore a quella per cancro e che I'8O% delle malattie cardiovascolari dell'anziano sono conseguenze dell'aterosclerosi.


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