Se non fosse per la loro intrinseca caratteristica di dare metastasi a distanza. Quando gli sforzi terapeutici falliscono ciò è dovuto alla incapacità di distruggere le cellule metasta-tiche o a livello locale o a distanza.
Le recenti conoscenze sulla complessità del processo di metastatiz-zazione offrono un utile apporto al-l'interpretazione dei comportamento clinico delle neoplasie. La recente scoperta dei geni responsabili del processo di meta statizzazione (in grado di regolare la capacità della cellula tumorale a sviluppare recet-tori di membrana e di esprimere col-lagenasi che facilitano la migrazione cellulare) dovrebbero essere di grande utilità sia per l'uso mirato della terapia sistemica che loco-regionale.
Inoltre nel carcinoma mammario la presenza di recettori per la lamina sembra correlata direttamente con il numero la frequenza e l'entità dell'interessamento linfonodale ascellare. Questo peraltro non fa che riaffermare l'assunto di Bernard Ftsher, già menzionato, che i linfonodi ascellari nel carcinoma mammario non rappresentano una barriera alla diffusione metastatica, ma sono soltanto predittivi della capacità di metastatizzazione.
La chemioterapia ha provato di essere sufficiente garanzia di guarigione in una serie cospicua di neoplasie a patto che l'approccio multidisciptinare venga tempestivamente e correttamente attuato. In certe particolari situazioni è addirittura possibile diminuire l'entità e l'estensione della chinirgia senza compromettere, anzi migliorando, lasoprav-vi veri za.
In un discreto numero di neoplasie ìl controllo locale è facilmente ottenibile, ma il problema maggiore rimane quello dell'efficacia della chemioterapia sistemica nell'eradj-care le micrometastasi. Esistono situazioni ove tale efficacia è stata provata (es. carcinoma mammario), ma rimangono altri esempi di neoplasie ove la capacità dei mezzi convenzionali (chinirgia e radioterapia) di ottenere un controllo locale è scarsa.
L'impatto del fallimentodellaca-pacità di controllo locale sull'efficacia della chemioterapia applicata in tempi successivi non è affatto chiaro. Questa situazione ha spesso portato alla convinzione che alcuni tumori (es. carcinoma del colon, carcinoma polmonare non a piccole cellule etc.) siano scarsamente sensibili alia chemioterapia.
In realtà mancano ancora in questi tumori studi clinici controllati, adeguatamente condotti e valutati, in quanto il fallimento delle terapie loco-regionali comporta una rapida evoluzione della malattia. D'altra parte anche nell'ipotesi poco probabile di un ulteriore perfezionamento di trattamenti loco-regionali rimane, il problema della microme-tastatizzazione. L'attesa di una soluzione nel prossimo futuro resta legata alla possibilità di scoprire nuove modalità di terapia sistemica efficace. Un motivo di cauto ottimismo sembra venire dai recenti progressi nello sviluppo di più sofisticate terapie biologiche (es. biological response modifiers}, che potrebbero diventare una componente importante del trattamento multimodale del cancro.
In conclusione si può affermare che l'arbitro finale dell'efficacia terapeutica di una modalità singola o dell'approccio combinato del cancro è la riduzione della mortalità nazionale attribuibile inconfutabilmente ad un determinato trattamento. Pertanto possono essere richiesti da un minimo di 5 sino ad almeno 20 anni dai momento dell'applicazione su scala nazionale di un determinato programma terapeutico prima di poter affermare con certezza il suo affetto favorevole sulla mortalità globale (e di conseguenza accertarne la reale capacità di guarigio; ne).
Tuttavia ìl campo ove l'oncologia medica ha dato e può dare il suo prezioso contributo è quello degli studi clinici controllati. Infatti l'osservazione accurata dei "plateau" di sopravvivenza libera da malattia a 3 o più anni dal trattamento applicato da gruppi di ricercatori qualificati può con buona approssimazione anticipare i risultati favorevoli di u-na terapìa antiproliferativa e la conseguente caduta della mortalità a livello nazionale.
nim