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Compro dunque sono.

Lo shopping che da felicità

"Il denaro che si possiede è strumento di libertà; quello che si insegue è strumento di schiavitù": così diceva, nelle "Confessioni", Jean-Jacques Rousseau e questo avevano capito, nell'Inferno dantesco, i prodighi e gli avari costretti alle pene del quarto cerchio. Letteratura a parte, il dilemma tra spendere e risparmiare e se i soldi facciano o meno la felicità sono stati al centro dell'attenzione di psicologi e sociologi, con montagne di carta e, talvolta, qualche banalità. Oggi, tra disoccupazione e precariato, c'è poco da andare per il sottile e stare a sentire storie di miliardari depressi non è certo di grande consolazione. Detto questo, alcuni piccoli trucchi per essere più sereni con quello che si ha ci sono, con i conseguenti vantaggi sia per il cervello che per il fegato. L'ultima guida allo "spendere sano" è in arrivo sul Journal of Consumer Psychology 1: otto regole per acquistare stando bene e trasformare i soldi in (vero) benessere. Il segreto? Puntare sulle esperienze piuttosto che sui beni materiali, pensando un po' anche agli altri.

1) Prima le esperienze, poi le cose. Secondo la guida, realizzata congiuntamente da studiosi della University of British Columbia, della Harvard University e della University of Virginia, il primo punto consiste nel privilegiare l'acquisto di esperienze piuttosto che di beni materiali. "La ragione  -  spiega da Vancouver Elizabeth W. Dunn  -  è molto semplice: tendiamo ad abituarci alle cose molto più velocemente di quando accada per le esperienze". Secondo la ricercatrice  -  esperta in "miraggi" come felicità, auto-conoscenza e previsioni affettive - l'acquisto di esperienze come un viaggio o un corso di cucina dà benefici molto più duraturi rispetto, ad esempio, a un parquet in legno di ciliegio o a una pregiata bottiglia di Barolo. A riprova della sua tesi ci sono i numeri: su un campione di oltre 1.000 americani, quasi il 60% ha ammesso di aver tratto più piacere da una cosa "vissuta" piuttosto che "posseduta". "Con i cosiddetti acquisti esperienziali scatta il meccanismo della rivisitazione mentale", prosegue Dunn. "Torniamo più spesso con la mente a un concerto o a un'escursione piuttosto che a un paio di scarpe. D'altronde, le esperienze sono intimamente connesse alle nostre identità e al tempo che passiamo con gli altri, che alla fine sono la nostra più grande fonte di gioia".

2) Pensare agli altri, piuttosto che a se stessi. Non a caso, il secondo punto è dedicato proprio alle spese che facciamo per gli altri, sia in senso di regali a persone care che di beneficenza. Secondo Daniel T. Gilbert, psicologo di Harvard e autore dello studio insieme a Dunn e Timothy D. Wilson, la qualità delle nostre relazioni ha un ruolo fondamentale nel determinare il nostro grado di benessere. Una ricerca condotta nel 2008 proprio da Dunn e colleghi mostra come le spese pro-sociali (regali e donazioni) siano legate a un maggiore livello di soddisfazione e felicità. Il fenomeno  -  sostengono gli studiosi - trova riscontro anche a livello neuronale. In un altro studio, infatti, alcuni partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale: dall'esame è emerso che la decisione di donare dei soldi a una banca del cibo locale era accompagnata dall'attivazione dei neuroni in parti del cervello tipicamente associate alla gratificazione e al ricevimento di un premio o un riconoscimento. "Per quanto banale possa sembrare, siamo gli esseri più sociali del nostro pianeta: solo altri tre animali ci fanno concorrenza  -  le termiti, gli insetti eusociali e le talpe senza pelo. Forse il vero problema è che non siamo in grado di ammettere quanto, in realtà, la nostra felicità dipenda dagli altri", suggeriscono gli studiosi.

3) Meglio i piccoli piaceri dei "colpi di testa". Per non rischiare di far somigliare troppo la loro guida al manuale del buon samaritano, Dunn e colleghi ammettono l'importanza di concedersi, di tanto in tanto, un lusso. Il consiglio, tuttavia, è di non puntare sui grandi acquisti, quanto piuttosto su piccole spese frequenti, capaci di regalarci qualcosa di diverso ogni volta. "La tendenza ad abituarsi alle cose è un po' come la morte", sentenziano gli studiosi. "La temiamo, la combattiamo, a volte riusciamo a posticiparla, ma alla fine perdiamo sempre. Lo stesso vale per l'abitudine: se inevitabilmente tendiamo ad assuefarci ai lussi più grandi che si possono comprare con i soldi, tanto vale optare per una varietà di piccoli piaceri capaci di ripagarci con la loro frequenza". Evitando i "colpi grossi", inoltre, si è meno soggetti al fenomeno noto come "diminuzione dell'utilità marginale", in base al quale  -  spiega ancora Dunn - "mangiare dodici biscotti non dà due volte più piacere rispetto a mangiarne sei". "In termini tecnici  -  prosegue la ricercatrice  -  potremmo dire che l'impatto edonistico di un bene materiale o di un'esperienza diminuisce dopo che di quel bene si è già avuto un assaggio. Per questo segmentare e isolare l'esperienza del consumo può aiutare a sentirsi più felici".

4) Se la garanzia diventa un boomerang. Spesso presentate come le migliori amiche del cliente, queste forme di assicurazione contro gli acquisti sbagliati (in stile "soddisfatto o rimborsato" oppure "trenta giorni di prova") possono trasformarsi, secondo gli studiosi, in sanguisughe della felicità. La tesi è che gli esseri umani siano dotati per natura di un meccanismo di ridimensionamento dell'infelicità, per cui l'acquisto di garanzie estese e altre forme di rimborso della merce possa essere in realtà "una protezione emotiva non necessaria". "Molti consumatori  -  spiega  Wilson  -  sono disposti a pagare prezzi anche elevati pur di ridurre il rischio di pentirsi in futuro, ma diversi studi mostrano le falle di questo approccio". Sapere di poter cambiare un bene in qualsiasi momento, infatti, potrebbe minare alle basi il beneficio emotivo derivante dall'impegno di "fare un acquisto", collocando il consumatore in una dimensione iper-protetta simile a una bolla di sapone.

5) Dilatare il consumo nel tempo. Introducendo l'euristica del "compra ora, paga più tardi", le carte di credito hanno favorito una delle rivoluzioni più significative nella storia del nostro sistema economico. Eppure quel cambiamento, secondo Dunn e colleghi, danneggia in almeno due sensi il benessere dei consumatori. "Il primo, più scontato, è che può indirizzare verso comportamenti poco lungimiranti, come la tendenza ad accumulare debiti e a non mettere da parte nulla per la pensione", spiegano i ricercatori. L'altro senso, più sottile, si esplica a livello cerebrale. "E' un principio che elimina del tutto il meccanismo dell'anticipazione, che è una fonte di felicità gratuita", spiega Dunn. Numerosi studi, infatti, mostrano che spesso gran parte della felicità connessa a una spesa dipende del pensiero dell'esperienza futura, più che dal consumo in sé. Ciò che è vero per una vacanza  -  argomentano  -  vale anche per un concerto, una partita, un'ordine di libri. D'altronde, cullare il progetto di un viaggio non è forse parte del viaggio stesso?

6) La felicità è nei dettagli. Più che a un principio, il sesto punto somiglia a un monito: "Attenzione a non farsi abbagliare dai grandi acquisti e tenere sempre in mente i dettagli, ossia come un bene può influenzare a livello pratico la vita di tutti i giorni". Il riferimento, in questo caso, è agli acquisti più impegnativi, come auto, case, prodotti di lunga durata. "Molte volte i consumatori si aspettano che un singolo acquisto possa avere un impatto duraturo sulla loro felicità, per poi rendersi conto, miseramente, che non è così. Per evitare le brutte sorprese è importante avere sempre in mente la propria giornata-tipo e come il nuovo acquisto potrebbe nei fatti modificarla".

7) Apprendere l'arte della comparazione. Con il successo di siti come bitzrate. com, che al motto inquietante di "Cerca. Compra. Conquista" vanta la bellezza di 20 milioni di visitatori al mese, fare shopping ai tempi di internet può essere allo stesso tempo una croce e una delizia. Come al solito, la virtù sta nel mezzo, ossia nel saper comparare in maniera intelligente. "Il pericolo  -  spiegano gli autori  -  è quello di farsi sommergere dalle differenze tra un prodotto e l'altro, finendo per sovrastimare l'impatto edonistico dell'oggetto in sé". Sì dunque al "comparison shopping", ma senza pretendere di voler fare l'affare perfetto.

8) Fidarsi dei consigli altrui. L'ultimo principio, infine, torna sull'importanza degli altri e il consumo sociale. "Molto spesso le spese che possono farci più felici sono quelle che hanno fatto felici altri prima di noi", concludono Dunn e colleghi. Da questo punto di vista la rete è certo un patrimonio di risorse, ma mai quanto possono esserlo i consigli delle persone che ci vogliono bene e sanno, ad esempio, se stiamo comprando qualcosa per colmare un vuoto affettivo. In questo caso non c'è bene materiale che tenga, una chiacchierata con un buon amico varrà sempre di più.

Dott.ssa Matera Simona

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