In ortopedia le protesi sono dispositivi atti a sostituire parzialmente o completamente un segmento scheletrico del corpo umano, come un arto o una falange, attualmente sono sempre di più le aziende biomediche che offrono un'ampia scelta di protesi e ortesi molto differenti tra loro per forma, dimensione e funzione.
Questa differenziazione è il risultato che ha condotto l'esigenza di trasformare e combinare tecnologicamente tra loro dei materiali con l'obiettivo ultimo di ottenere un prodotto finito, difatti le fasi dello sviluppo dell'uomo preistorico (età della pietra, del bronzo e del ferro) sono state spesso correlate alla sua capacità di realizzare utensili e attrezzi sempre più evoluti.
Nel settore ortopedico, attualmente vengono distinte due classi di protesi che sono le esoprotesi (protesi d'arto superiore o inferiore), che hanno il compito di sostituire la morfologia e, in parte anche la funzionalità di un arto amputato , e le endoprotesi (es. protesi articolari di spalla e gomito), che invece sono dei sistemi impiantabili all'interno della superfice corporea che hanno un contatto diretto con i tessuti .
Per la progettazione di tali dispositivi è fondamentale la scelta del materiale, che per poter essere impiegato con successo in una specifica applicazione deve avere caratteristiche chimiche e fisiche appropriate.
Le categorie dei (bio)materiali maggiormente utilizzati per le protesi ortopediche sono i Metalli e i Ceramici.
I Metalli, come gli acciai, il titanio e le leghe di cobalto, sono presenti in mezzi di osteosintesi, protesi per ortopedia e odontoiatria, hanno notevoli caratteristiche meccaniche e un'elevata resistenza all'usura. Come svantaggio soffrono di una scarsa biocompatibilità e di una facilità di corrosione in ambiente fisiologico.
I Ceramici, ad esempio gli ossidi di alluminio e gli alluminati di calcio, compongono le protesi d'anca, presentando una buona biocompatibilità, elevata resistenza alla compressione e alla corrosione. Gli aspetti negativi dei Ceramici sono una bassa affidabilità meccanica, bassa resistenza alla trazione impulsiva e una difficile lavorabilità.
Un'altra classe di materiali che viene spesso utilizzata soprattutto per protesi di ginocchio (in cui viene usato il polietilene con fibre di carbonio) sono i Compositi, ovvero metalli rivestiti con ceramici e matrici rinforzate con fibre.
Il materiale scelto, in secondo luogo, deve avere caratteristiche tecnologiche che consentano la trasformazione del materiale nel manufatto e a seconda che la persona a seguito di un evento traumatico/patologico abbia ancora muscoli validi o meno avremo differenti strategie di controllo.
Mediante l'interfacciamento mioelettrico, dopo l'amputazione di una mano, se il paziente ha ancora i bicipiti e tricipiti perfettamente funzionanti, si utilizzano i segnali elettrici provenienti da un comando volontario dell'utente di contrarre il bicipite per la chiusura della protesi di mano, viceversa si fa corrispondere alla contrazione del tricipite l'apertura della protesi.
Naturalmente questo tipo di controllo necessita di un pesante training cognitivo per il paziente il quale utilizza distretti corporei diversi per gestire il comportamento della protesi e inoltre il controllo mioelettrico è monodirezionale, nel senso che un comando neurale deputato alla contrazione può trasmettersi dal sistema nervoso centrale alla protesi, ma vi è l'impossibilità di avere un feedback sensoriale della protesi stessa.
In caso in cui vi è assoluta mancanza di attività muscolare, come nei casi più gravi di atrofia, il controllo delle protesi avviene elettronicamente, pensiamo ad esempio ad una protesi di polso con pronosupinazione elettrica o un gomito elettromeccanico per la flessione-estensione dell'avambraccio.
In passato piuttosto che utilizzare protesi ortopediche per la sostituzione funzionale di un arto o parte di esso, sono stati tentati numerosi trapianti soprattutto per la mano.
L'intervento di collegamento di un arto al moncone dal punto di vista nervoso e della vascolarizzazione era tecnicamente fattibile, l'unico problema era rappresentato dal rigetto, perchè la mano contiene un'elevata quantità di tessuti eterogenei.
Una valida alternativa sarebbe quella di ricorrere a tecnologiche "ibride", ovvero tenologie che prevedono di rigenerare parte dei tessuti per evitare il rigetto coltivando cellule a partire dal tessuto stesso del paziente.
In ultima analisi, in futuro, si potrà dotare, i soggetti con amputazioni, di protesi "cibernetiche", ovvero sistemi totalmente artificiali, con funzione meccanica, cosmetica e che permetteranno di scambiare informazioni direttamente con l'apparato biologico.
Numerosi studi di ricerca e sperimentazioni hanno infatti dimostrato che il ripristino di un'interfaccia con il sistema biologico direttamente sui canali nervosi piuttosto che sulle giunzioni neuromuscolari, può portare a numerosi benefici attesi quali: maggiore funzionalità/destrezza, una simbiosi uomo-macchina bionica e un feedback quasi naturale all'utente.
Ing.Claudio Romani