L'arte povera, nasce in Italia nei tardi anni Sessanta come opposizione a quelle forme d'arte giudicate ed apprezzate dalla società del tempo in base alla qualità dell'opera e alla sua capacità di suscitare emozioni.
L'arte povera, nasce in Italia nei tardi anni Sessanta come opposizione a quelle forme d'arte giudicate ed apprezzate dalla società del tempo in base alla qualità dell'opera e alla sua capacità di suscitare emozioni.
L'idea promossa da questa corrente artistica era infatti che l'arte non risiedesse solo nell'aspetto esteriore dell'opera, ma bensì nell'idea, parola o pensiero, che stanno alla base della realizzazione artistica.
Pennelli, tela, e colori vennero accantonati, e sostituiti con materiali poveri (ferro, legno, stracci, scarti industriali...) nuovi mezzi per ricreare un'espressione artistica originale e concreta, e soprattutto densa di messaggi sociali molto forti.
La denominazione di arte povera, fu proposta dal critico d'arte G.Celant, proprio in occasione della mostra dedicata, tenutasi nella Galleria Bertesca di Genova nel 1967. Allo stesso Celant dobbiamo anche la teorizzazione della poetica di questa nuova arte, così riassumibile :” l'arte povera si manifesta essenzialmente nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi” .
Nell'arte povera si abolisce ogni finzione ed artificio, e si presentano gli elementi nella loro natura di oggetti, soggetti come ogni altra cosa allo scorrere del tempo . Per gli artisti “poveri” l'unica realtà necessaria era il presente, da affrontare con atteggiamento critico verso il sistema, e la società.
Icona assoluta, dell'arte povera è la celebre "Venere degli stracci" di Michelangelo Pistoletto, un'istallazione ad oggi conservata al Tate Modern di Londra, costruita a partire dal calco della "Venere con mela" del pittore neoclassico Bertel Thovaldsen.
Questa statua, nata come imitazione delle sculture antiche, viene riproposta in una nuova veste dal Pistoletto, che pone la dea di spalle, rispetto all'osservatore, le cui braccia tendono al cumulo di stracci colorati di fronte ad ella, che sembra intenta nel cercarvi qualcosa all'interno. Il corpo candido di Venere crea subito un forte contrasto cromatico con la pila di vesti coloratissime e consunte che ha di fronte; la statua è infatti evocazione della bellezza ideale ed eterna , che è posta di fronte agli stracci, simbolo della vita vera (ma anche critica contro il consumismo) destinata a usurarsi e rovinarsi col passare del tempo.
Ma in realtà questi due elementi apparentemente cosi diversi, sono resi allo stesso livello proprio dalla materia che è povera in entrambi gli elementi, la statua infatti non è di un pregiato materiale come potrebbe sembrare, ma è un semplice calco in gesso, così come di scarso valore sono indubbiamente i vestiti buttati alla rinfusa ai piedi della statua; ed ecco che viene alla luce la poetica dell'arte povera, da questa bellissima installazione che mostra in modo superbo come l'arte si possa cogliere per strada, in materiali dismessi, e consunti, in forme viventi, e non sia limitata agli atelier,e ai laboratori di arte.
Questa venere, ultima rappresentante decaduta del mondo classico viene gettata nel frenetico mondo della modernità di quegli anni Sessanta, e della sua società, che non può più essere ignorata, e tagliata fuori dall'arte.
Erica Toti