La sindrome metabolica o sindrome da insulino-resistenza, è una situazione multifattoriale ad alto rischio cardiovascolare, associata all'obesità e alla diminuzione dell'attività fisica. Ciò significa che chi ne soffre ha un rischio superiore alla media di andare incontro a infarto.
Non è una patologia specifica, ma un insieme di fattori di rischio presenti contemporaneamente tali da predisporre la persona che ne soffre a patologie gravi.
In condizioni normali, un ormone noto con il nome di insulina permette al glucosio ematico di penetrare nelle cellule dell'organismo dove viene utilizzato per produrre energia.
Tuttavia, quando quantità normali di insulina non riescono a trasportare il glucosio all'interno delle cellule, ha luogo la "resistenza all'insulina". In altre parole, la cellula resiste all'azione dell'insulina e il glucosio non riesce a penetrarvi.
Quando ciò accade, il pancreas deve produrre una maggiore quantità di insulina per mantenere livelli glicemici normali. Anche se le persone affette da Sindrome X hanno livelli glicemici più elevati, i valori rientrano comunque nella norma e non si parla di diabete. Le cause di questa malattia non sono ancora chiare, ma si ritiene che circa la metà di tutti i casi di resistenza all'insulina siano dovuti a fattori genetici.
Tuttavia, la resistenza all'insulina è anche condizionata da fattori che possiamo controllare: il peso corporeo (in particolare il grasso addominale) e la forma fisica.
Secondo alcune stime, la sindrome metabolica sembra interessare quasi la metà degli adulti di età superiore a 50-60 anni.
Secondo altri studi condotti sulla popolazione generale, invece, questa sindrome colpisce in Italia circa il 25 per cento degli uomini e il 27 per cento delle donne, il che significa circa 14 milioni di individui.
Un’incidenza che, secondo le proiezioni, è destinata a crescere nei prossimi anni.
La sindrome viene diagnosticata quando un individuo presenta tre o più dei seguenti sintomi: obesità addominale, trigliceridi alti, basso livello di colesterolo HDL (lipoproteina ad alta densità), pressione sanguigna alta e alti livelli di glicemia a digiuno.
Le persone affette corrono un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2 e di soffrire di malattie cardiache; inoltre hanno più probabilità di morire prematuramente per disturbi cardiaci o di altro tipo.
Le terapie della sindrome metabolica variano da caso a caso, soprattutto in ragione dei fattori di rischio presenti.
Possono per esempio essere prescritti farmaci per l’ipertensione o ipoglicemizzanti.
Se è presente una condizione di eccesso di peso verrà prescritta una dieta ipocalorica e l’attività fisica regolare e frequente.
Il monitoraggio del colesterolo e dei trigliceridi e una dieta mirata al fabbisogno energetico del paziente con una riduzione iniziale di 300-500 calorie giornaliere (fino a 1000 per obesità grave) rappresentano i primi passi nella cura di una sindrome metabolica già in atto. Sono ormai numerosi gli studi che dimostrano come riducendo il grasso addominale e, quindi, la resistenza all’insulina, anche soltanto in modo moderato, sia possibile ottenere importanti riduzioni del rischio cardiovascolare.
Come si evince dai fattori di rischio, l’alimentazione e l’attività fisica giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione della sindrome metabolica.
Il modo migliore per prevenirla è aumentare l’attività fisica regolare e ridurre il peso corporeo. Associando agli esercizi una dieta regolare, povera di grassi e ricca di frutta e verdura.
La diagnosi precoce della sindrome metabolica è pertanto indispensabile allo scopo di intraprendere, se necessario, una cura preventiva nei confronti dei danni cardiovascolari e del diabete.
Redazione Nuovaitaliamedica